Sono tempi molto duri per chi propone iniziative giudiziarie fondate su ragioni che poi si rivelano inconsistenti.
Specialmente negli ultimi tempi, uno strumento normativo nelle mani dei giudici è diventato lo spauracchio di molti avvocati e parti, dal momento che consente ai primi di sanzionare, anche pesantemente, chi ha agito o resistito in giudizio con dolo o colpa grave, riconoscendo un risarcimento o un indennizzo (a seconda delle ipotesi) in favore dell’avversario.
L’art. 96 del codice di procedura civile dice testualmente che “se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza. (…) In ogni caso, quando pronuncia sulle spese … il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”.
Dalla lettura della norma, si comprende come la condanna della parte soccombente per “lite temeraria” può sia trarre origine da una espressa richiesta della controparte (e sappiamo benissimo che questa istanza può essere formulata anche nel corso delle ultime difese), sia essere frutto di una autonoma scelta del giudice che ritenga di dover sanzionare il comportamento processuale della parte perdente. Nel primo caso siamo di fronte ad una vera e propria richiesta di danni che maturano nel corso del processo a causa del comportamento della controparte. Nel secondo caso siamo invece dinanzi ad una libera iniziativa del giudice (“in ogni caso … il giudice … può condannare”) che, da molti, viene interpretata come una vera e propria sanzione.
Molte volte i giudici utilizzano la mano pesante, come recentemente ha fatto il Tribunale di Milano con la sentenza n. 5681 del 21.5.2018, che ha comminato una sanzione aggiuntiva pari ad € 4.151,00!
La norma sulla responsabilità aggravata risponde ad una funzione sanzionatoria delle condotte di quanti, abusando del proprio diritto di azione e di difesa, si servano dello strumento processuale a fini dilatori, contribuendo così ad aggravare il volume (già di per sé notoriamente eccessivo) del contenzioso e, conseguentemente, ad ostacolare la ragionevole durata dei processi pendenti. In tutti questi casi, il giudice, valutando “inconsistenti” sotto il profilo giuridico le ragioni spese, può decidere di intervenire e sanzionare questa condotta. Uno dei primi doveri è infatti quello di valutare a monte, con l’ordinaria diligenza, la sostenibilità delle proprie ragioni!
Come avviene la liquidazione della sanzione?
La sentenza del Tribunale di Milano, nella quale il giudice ha utilizzato il potere di sanzionare autonomamente la parte, è in linea con altre recenti pronunce della stessa Cassazione e con lo stesso insegnamento della Corte Costituzionale, ma oggettivamente sorprende per l’entità degli importi indennizzati.
Ci sono alcuni giudici secondo cui una equa determinazione dell’indennizzo può essere “calibrata anche sull’importo delle spese processuali o su un loro multiplo, con l’unico limite della ragionevolezza” [1]. Questo criterio può valere sia in caso di espressa richiesta della parte, sia in caso di iniziativa autonoma del giudice.
Cosa insegna la vicenda?
Oggigiorno la decisione di intraprendere la via giudiziaria deve essere frutto di attente valutazioni e ponderazioni, che devono essere facilitate dai giusti consigli forniti dall’avvocato. Questo perché, come anche ha ammonito la Corte Costituzionale [2], il processo non può più essere utilizzato come strumento dilatorio, perché in questo modo si abusa della sua funzione e la si mortifica. D’ora innanzi non sono più consentiti utilizzi “strategici” delle azioni giudiziarie. E ciò deve essere ben chiaro soprattutto agli avvocati, ma anche ai clienti.
Ci vuole buonsenso ed equilibrio.
Occorre sempre ponderare tutti fattori in gioco, poiché molte volte l’incidenza dei costi certi e dei rischi rispetto ad una utilità solo eventualmente conseguibile, suggerirebbe il perseguimento di altre strade, meno faticose, meno dispendiose, meno pericolose e, forse, anche più rapide e fruttuose.
La scelta della giusta strategia al fine di non gravare di costi inutili ed eccessivi la nostra clientela (sia essa privata o professionale) è una delle caratteristiche principali della nostra policy.
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