Certamente in molti ricorderanno la vicenda di Marica Ricutti, donna separata e madre di due bambini, di cui uno invalido al 100%, che entrò in conflitto con Ikea in merito all’assegnazione dei turni di lavoro. L’episodio ebbe rilevanza nazionale per la fermezza della decisione presa dall’azienda e per le iniziative di solidarietà a sostegno della lavoratrice.

I contrasti accesi tra lavoratrice e datore di lavoro sulla organizzazione dei turni sfociarono nel licenziamento che il colosso svedese, nell’autunno del 2017, comminò alla sua dipendente, motivato da insubordinazione verso i superiori e comportamento oltraggioso.

Il licenziamento fu impugnato dinanzi al Giudice del Lavoro del Tribunale di Milano dalla lavoratrice, la quale affermò la sua natura discriminatoria. Il Giudice del Lavoro, in prima battuta, con l’ordinanza del 3.4.2018, confermò la legittimità del licenziamento. Nella prima decisione veniva riferito che “i comportamenti dell’ex dipendente sono stati di gravità tali da ledere il rapporto fiduciario tra datore di lavoro e lavoratore”.

Il caso non ha impegnato i giudici su particolari questioni giuridiche, ma è stato risolto sulla sola valutazione dei fatti. È tuttavia utile passare in rassegna le motivazioni per comprendere sino a che punto si può spingere la conflittualità tra lavoratore e datore di lavoro. Il Giudice, valutando la documentazione e le prove testimoniali, ha ritenuto corretto l’operato dell’azienda, ha verificato l’assenza di condotte discriminatorie e ha invece accertato il comportamento negligente della lavoratrice.

Il giudizio formulato in prima battuta è stato confermato anche all’esito dell’opposizione proposta dalla licenziata. In modo particolare, è stato osservato che i fatti disciplinarmente rilevanti e contestati alla dipendente sono stati totalmente confermati e, nella successiva fase di impugnazione, la difesa non ha introdotto nuovi elementi per modificare il primo giudizio.

È stato ribadito che la donna ha commesso “insubordinazione verso i superiori accompagnata da comportamento oltraggioso”, ed è stato affermato, in particolare, che “l’accertata frase pronunciata ad alta voce nei confronti di una superiore, ‘mi avete rotto i c…’, integra gli estremi del comportamento oltraggioso”.

A fronte di queste considerazioni, essendo venuto meno il rapporto di fiducia tra datore di lavoro e dipendente, è stata confermata la legittimità del licenziamento.